Al prossimo vertice G8 di Pietroburgo molte attenzioni saranno dedicate al tema dell’energia.
In un articolo pubblicato dal Manifesto il 24/06/06 Mattioli e Scalia, molto opportunamente, segnalano l’importante presa di posizione delle Accademie delle Scienze dei Paesi del G8 e di Brasile, Cina, India e Sud Africa e chiamano in causa i portavoce del “Contratto Mondiale per l’energia” perché assumano un ruolo di interlocuzione reale nelle sedi decisionali in rappresentanza dei movimenti. Ciò è tanto più necessario dopo l’assunzione da parte del Forum Sociale Mondiale di una campagna per le fonti rinnovabili, la salvaguardia del clima, la lotta alla povertà, in un contesto in cui la questione energetica espone tutta la sua drammatica centralità, per la crescente inapplicabilità delle tradizionali soluzioni fossili e nucleare, al punto di dover letteralmente reinventare il sistema mondiale di monitoraggio e prevenzione dei disastri climatici e di dover chiamare in causa l’intera comunità scientifica per affrontare una crisi epocale che solo l’imprevidenza dei leaders del G8 e la loro propensione alla guerra continuano a trascurare.
E’ quanto cercheremo di fare già il 14 Luglio a Pietroburgo e nei giorni di preparazione e contestazione del summit. Ce lo consente l’autorevolezza e la rappresentatività ormai acquisita dal “contratto”, ormai in definitivo consolidamento, dopo la diffusione europea e il successo e l’attenzione dei Forum mondiali africano, sudamericano e asiatico di inizio anno. Organizzieremo infatti a Mosca due seminari con la società civile e i movimenti, mentre alcuni membri del Comitato Scientifico illustreranno il 10 Luglio le proposte del “contratto” all’ incontro nella capitale russa dei rappresentanti delle Università di tutto il mondo.
Vogliamo qui sottolineare come una lettura attenta dell’importante documento delle Accademie delle Scienze conforta molte delle posizioni radicalmente innovative che il contratto sostene, soprattutto quando valorizza l’ambito geografico-territoriale in quanto determinante per individuare le soluzioni energetiche diversificate più efficienti e appropriate e meno distruttive; quando riporta al centro la questione dei trasporti anche sotto il profilo della indispensabile riduzione del traffico nelle aree urbane; quando soprattutto individua la chiave di volta del cambiamento di paradigma nel decentramento della produzione di energia su piccola scala e con fonti e risorse locali.
E’ molto importante che la comunità scientifica sostenga e appoggi una nuova visione del futuro, fondato, come recita il documento, sulla “prosperità economica, lo sviluppo, sociale, la valorizzazione della natura”.
Sembra finalmente scindersi quel nesso energia–potenza delle trasformazioni materiali che ha guidato la scienza e la tecnologia occidentali dal ‘600 ai giorni nostri e incomincia a ricomporsi un rapporto energia-vita più coerente con la percezione di sopravvivenza e di uguaglianza che ci dovrebbe essere suggerita (o imposta) dall’attuale fase storico-politica.
Noi non condividiamo l’enfasi insufficiente data dagli accademici alle energie rinnovabili rispetto al rilancio del “nucleare sicuro” e del “carbone pulito”, due ossimori che, capiamo, possono ancora resistere nei laboratori di ricerca, ma che non troveranno mai consenso democratico e credibilità sociale e che vanno quindi urgentemente superati da una realistica e determinata svolta verso il solare. Siamo invece convinti, come Mattioli e Scalia, che vadano sostenute le richieste presenti di un amplissimo intervento pubblico e che il risparmio e l’efficienza energetica siano il caposaldo dell’iniziativa che da subito i governi possono e devono attuare, per incidere sulla quantità di energia da ridurre, per stabilizzare i gas serra, per aprire lo spazio dell’abbandono dei fossili.
Al vertice G8 bisognerà finalmente fare i conti con l’applicazione integrale e estesa anche a Stati Uniti Canada e Cina del protocollo di Kyoto, la cui infrazione provoca enormi conseguenze e pregiudica una evoluzione dell’accordo verso mete ancora più cogenti. Siamo preoccupati perché a Pietroburgo sarà argomento di discussione anche il rilancio del nucleare in Europa. Come sottolineano i promotori della campagna europea “One million Europeans against nuclear power”, paradossalmente, nel ventesimo anniversario di Chernobyl, in tutta Europa l’industria nucleare incrementa le pubbliche relazioni e la lobby politica per convincere popolazioni e governi. A livello politico sembra esserci un maggior favore generale rispetto al miglioramento delle centrali esistenti e all’estensione delle loro licenze di operatività. Dopo anni di moratoria, si stanno costruendo anche in Europa nuovi impianti, o almeno ci si sta pensando: soprattutto in Finlandia, Gran Bretagna, Francia. Chiediamo che l’Italia, che per voto popolare ha chiuso le proprie centrali nucleari (ma non ha ancora intrapreso la strada del risparmio energetico e delle fonti pulite, ed è così costretta a dipendere fortemente dal petrolio e dall’energia nucleare di importazione), si impegni per scongiurare questo grave rischio e falsa soluzione al problema.
Allo stesso modo, contestiamo la visione geopolitica sottesa alle grandi infrastrutture energetiche e ai progetti in cantiere. Sembrerebbe che consistenti pezzi dell’attuale Governo siano ispirati da una visione strategica della nostra penisola nel Mediterraneo come se fosse solo una proiezione per la logistica dei grandi transiti commerciali e per lo stoccaggio di gas fossile da destinare non solo al consumo ma addirittura alla vendita. Un aidea dell’Italia come “piattaforma” che tradisce una presunta vocazione prosaicamente commerciale. E’ quanto purtroppo emerge dal “decreto Bersani” del tutto inadeguato al momento, che lancia un pessimo segnale a chi nel movimento, nella società civile, nelle vertenze territoriali, nel mondo scientifico chiede con insistenza un cambio di passo. E’ necessario dedicare una parte delle enormi somme previste per quei cantieri e per l’approvvigionamento di gas in eccesso – i quali sarebbero sempre funzionali a un modello energetico fossile – allo sviluppo delle energie pulite e rinnovabili, le quali sono prodotte localmente, non hanno bisogno di trasporti su lunga distanza, e configurano un modello energetico basato sulla democrazia e la cooperazione. Il “contratto” chiede che questo Governo non proceda affatto con atti di urgenza, peraltro sbagliati e dannosi, ma che il predisponga entro l’autunno un piano energetico nazionale, su cui si articolino piani regionali, metropolitani e territoriali, con una coerente visione dei fabbisogni e delle soluzioni da privilegiare, basate anche su scelte di come vogliamo vivere e sopravvivere e su valori, primi fra tutti la responsabilità anche verso coloro che sono lontani da noi sia nello spazio, il sud del mondo, sia nel tempo, le future generazioni. Noi non pensiamo che esista una sola soluzione ai problemi energetici, ma che alcune promuovono la concentrazione di potere e ricchezza nelle mani di sempre meno persone, che altre aggraveranno i cambiamenti climatici in atto e la dipendenza e l’insicurezza di milioni di cittadine e cittadini, che altri ancora favoriranno la democrazia, ravviveranno le culture locali, conviveranno con l’ambiente sociale e naturale, con riflessi importanti anche sull’immigrazione e le guerre.
Ne vogliamo parlare anche quando ci misuriamo nei comportamenti e nelle scelte di tutti i giorni e negli atti di governo che i cittadini si dovrebbero aspettare dai loro rappresentanti, dai summit di Pietroburgo ai decreti di Palazzo chigi?