Dibattito generale su “Forme di attuazione della parte II del Titolo V della Costituzione”.
(Argomento n. 3 all’ordine del giorno)
“FEDERALISMO”
Al nostro gruppo è sembrato decisamente importante esprimere una posizione su una materia per noi abbastanza delicata e, proprio per questo, non vorremmo assolutamente che un dibattito consiliare così importante facendo si che la vera discussione non si svolga in questa sede ma nei contatti di corridoio. Lo dico perché non mi piace mai non dire tutto fino in fondo. A mio giudizio, ad esempio, che si facciano conferenze stampa prima di cominciare il Consiglio non è la soluzione migliore, così come non si può entrare in questo Consiglio con informazione inadeguata sulle posizioni che si confronteranno. Da questo punto di vista un po’ di brutalità a volte, anche nell’espressione, serve a testimoniare rispetto reciproco.
Dopo una relazione minimalista come quella del Presidente Formigoni sembrerebbe che ce ne venga poco danno. In fondo,si potrebbe dire, è tutta qui la questione della devoluzione, teniamocela pure. Io non concordo: il Consiglio non può avvallare di fatto che una discussione di questo rilievo, che riguarda una redistribuzione dei poteri istituzionali, venga tenuta bassa in Consiglio, lasciando alla Giunta le decisioni vere, secondo le opportunità politiche del momento. C’è una certa idea dei due forni: fuori si fa una guerriglia sulla questione che riguarda la Lombardia, che sarebbe penalizzata dallo stato e che non riceverebbe quanto le spetta; qui dentro si “chiacchiera” per vedere di uscirne al meglio e senza divisioni.
Mi rendo conto che il risultato di un dibattito in Consiglio vale per quanto ne parla la stampa e il mio timore è che,qualunque cosa diciamo, la notizia che esce è già preconfezionata. E’ un esito che voglio contrastare. La notizia è che il ridimensionamento della secessione Formigonian-leghista, viene dal fatto che la maggioranza che siede qui e che ha impegnato istituzionalmente la sua identità nella campagna referendaria ,ha perso il referendum. Perché dobbiamo aver paura a parlarne? Se aveste vinto, chissà cosa avreste detto. Avete perso il referendum e quindi il Titolo V, così com’è rimasto dal 2001, consente un’operazione molto meno smaccata.
Se si vuole valorizzare allora il Titolo V, bisogna dare al Consiglio la possibilità di interpretarlo anche in tutte le incertezze che mostra. Io l’ho dovuto studiare: è complicato, è pieno di contraddizioni. E allora se si vuole fare una piattaforma regionale e se si vuole andare a un rapporto con il Governo, o si risolvono le contraddizioni oppure – lo dico alla Consigliera Dalmasso, che ascolto sempre anche per la mitezza con cui pone le questioni – non possiamo fare come il 27 luglio un ordine del giorno, votato a maggioranza, che dà un mandato confuso alla Giunta. Io non l’ho votato quell’ordine del giorno e il nostro gruppo è contrario a quell’approccio avendo già votato contro. Oggi stiamo discutendo se esiste o no un contesto dentro cui possiamo recuperare un lavoro comune: se non esistesse la partita sarebbe già chiusa. Proviamo a vedere adesso le questioni che sono state poste.
L’articolo 116 definisce nei fatti poteri nuovi, non sostitutivi, di cui la Regione si vuole avvalere, cosa del tutto legittima e a cui anche noi vorremo contribuire senza confusioni. Senza confusioni.Ma perché nuovi poteri? Forse perché questa è una Regione eccellente? Ma non esiste un sistema autoconsistente, per cui uno dice: Io sono bravo e dato che dico che sono bravo merito nuovi poteri. Uno deve giustificare perché quei poteri richiesti devono avere valenza e funzione territoriale e perché la Lombardia rispetto ad essi si candida per un migliore funzionamento al posto dello stato. Le uniche motivazioni valide potrebbero essere perché è più efficiente, perché costa meno al cittadino, perché le sue finanze sono meglio impiegate per garantire i diritti .Noi vogliamo discutere di questo. Nel documento che Formigoni ha fatto circolare c’è scritto “Il progetto di legge n. 170 sull’inquinamento dell’aria è il migliore del mondo”. Mi chiedo: ma chi lo può dire dato che stiamo ancora discutendo in commissione.
Dato che il Governo nazionale per la CO2 ha deciso di ridurre le quote del 10% nei prossimi due anni, se do poteri speciali alla Lombardia mi deve dire di quanto riduce e se lo fa meglio dello stato nazionale. Questi sono i punti dai quali noi dobbiamo partire. La Lombardia ha il peggior ambiente d’Italia. Che cosa deve fare per chiedere poteri sull’ ambiente e con quali titoli può garantire la salute ai suoi cittadini ? Che meriti ha per occuparsi dell’ambiente? Dov’è la piattaforma? Anche sull’acqua potremmo discutere: quando il Presidente Formigoni vuole discutere materie da affidare alla Regione dovrà pur chiarire che c’è stata un’impugnativa del Governo sulla legge regionale n°18 dell’acqua. I quel caso, quando la Regione si è presa un potere, ha fatto una cosa non bella, ha privatizzato l’erogazione dell’acqua,ha avvantaggiato alcuni e tolto diritti ai cittadini.
Allora,o noi ripartiamo da un’idea forte e convincente, democraticamente verificabile,delle ragioni per cui chiediamo più poteri oppure siamo di fronte a un indebolimento della Costituzione. Quindi la posizione di Rifondazione è questa: stabiliamo la coerenza tra questi poteri e le modalità di finanziamento stabiliti dall’articolo 119 della Costituzione. A proposito dell’articolo 119 come decidiamo che si configura, anche in maniera perequativa, il nostro riferimento al federalismo fiscale? Rifondazione quindi vi ha posto due grosse questioni: vuole discutere dei poteri e anche e soprattutto dell’articolo 119, per impedire che si levino i diritti fondamentali e che si facciano passare, in maniera surretizia, addirittura i principi del Piano Regionale di Sviluppo, che noi abbiamo già rifiutato con il voto contrario in Consiglio. Dal punto di vista istituzionale io non ci sto a dire che la sussidiarietà orizzontale è la ragione per il trasferimento di poteri alla Regione. Eppure nel documento di Giunta è scritto così. Io non solo non ci sto, ma sono sicuro che, se la motivazione fosse il principio della sussidiarietà orizzontale, i diritti dei cittadini in Lombardia peggiorerebbero, o almeno non sarebbero più universali, perché sarebbero affidati al privato sociale. Io ho due cose da suggerire come ulteriore contributo di Rifondazione.
Se per quanto riguarda l’articolo 119 noi non siamo in presenza di un escamotage per indebolire i doveri di sostegno al sistema redistributivo nazionale (cioè se non siamo di fronte alla richiesta di tenere qui in Lombardia quei 4,7 miliardi che sono a bilancio per la solidarietà nazionale) allora io vi pongo due possibilità su cui discutere. La prima: se ci sono nuovi poteri, si devono autofinanziare. Ho due suggerimenti: la Lombardia è il luogo dove c’è il massimo di evasione fiscale. Io non avrei nulla in contrario, perché un’azione speciale di recupero dell’evasione fiscale si concordi che mantenga una parte delle risorse in Regione.
La seconda questione: io credo che noi dobbiamo pensare ad esempio per il traffico e lo smog e per la loro riduzione, a una compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al territorio . Noi siamo disponibili a discuterne. Anche questo è federalismo fiscale, però è un federalismo fiscale non competitivo che preserva la neutralità perequativa del finanziamento di un federalismo asimmetrico. Noi ci abbiamo lavorato e ci abbiamo discusso. E non solo, noi siamo convinti che bisogna stare attenti che il federalismo fiscale non faccia dei danni anche qui dove crediamo di averne sol benefici perché, se i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, in Lombardia non sono preservati perché si privilegia l’impresa rispetto al lavoro,allora ne vanno di mezzo i diritti dei lavoratori ,i loro contratti , la loro salute e le loro pensioni.
Ultima osservazione. Chi l’ha detto che questo sia un problema da spartirsi tra la Regione e il Governo nazionale? E i Comuni? E le aree metropolitane? E le Province? Non sono anche loro titolari, eventualmente, di assegnazioni di risorse finanziarie? O è un problema della Regione che le risorse se le prende e poi le distribuisce a sua discrezione come sta facendo adesso? Questo non ha nulla a che vedere con un sistema di federalismo che parta anche dal basso.
Queste sono le posizioni che noi stiamo avanzando, tenendo conto che c’è un’ultima questione. Il federalismo deve dar luogo a più partecipazione. Non mi rassicura il fatto che si coinvolgeranno formalmente anche i Comuni ad esempio, se non si parla mai di un coinvolgimento adeguato delle parti sociali e in particolare del mondo del lavoro. Io vengo dal sindacato: ma il sindacato davvero non c’entra niente nella discussione che stiamo facendo e che ci impegna nei suoi passaggi odierni.
Dibattito generale su “Statuto della Regione Lombardia, legge elettorale e Regolamento interno del Consiglio”
(Argomento n. 4 all’ordine del giorno)
Martedì 14 Novembre “STATUTO”
Direi che in questo richiamo di Adamoli all’orgoglio dei Consiglieri c’è qualcosa di più che una giusta esortazione o la sensazione di un vecchio Consigliere di una mortificazione delle energie all’interno del funzionamento dell’istituzione regionale. C’è, direi, l’indicazione netta di uno dei punti ancora da conquistare per impostare lo Statuto e c’è la sensazione netta che per fare partire finalmente il lavoro della Commissione Statuto, occorre fissare la data di convocazione e puntare ad un riequilibrio delle funzioni tra Consiglio, Giunta e Presidenza.
Io non credo che questa situazione sia il prodotto di spinte oggettive: oggi noi abbiamo una esorbitanza di funzioni di Governo e soprattutto di concentrazione della funzione di Governo nella Presidenza,per una scelta politica che va tutta a discapito del Consiglio e del pluralismo sociale, che in Lombardia, nel momento in cui funziona male il Consiglio, non sa bene dove orientarsi. Quindi c’è un difetto pesante nel funzionamento delle istituzioni.
Vorrei così porre quello che a mio giudizio è il problema quasi preliminare per affrontare la questione del Consiglio: cioè oggi non c’è soltanto un problema di riequilibrio tra Consiglio e Giunta, ma c’è un problema di riequilibrio tra funzione della Presidenza e risorse dedicate alla Presidenza e la stessa Giunta e il Consiglio. Addirittura non credo che sia ben funzionante nemmeno la Giunta, come organismo collegiale, poiché credo che, all’interno della struttura di Governo e nel rapporto di controllo della struttura di Governo, moltissime delle prerogative della Presidenza e delle sue funzioni sono sottratte a quello che normalmente è considerato un controllo democratico adeguato. Quindi io vi sto ponendo un problema di impostazione e di necessità di avviare il discorso dello Statuto anche come riequilibrio di poteri che in Lombardia sono stati largamente disattesi.
Da questo punto di vista io vorrei che noi ripensassimo a come nei fatti andare alla definizione dello Statuto dopo due legislazioni di assenza di questa funzione, che ci obbligano a una rimonta. Quindi vorrei porre qui adesso alcune questioni di “rimonta” del punto di partenza per una sana discussione in Commissione, senza dar per scontata tutta una serie di infrazioni già inferte in questi anni alla democrazia e che hanno portato, uso una parola un po’ forte, la Costituzione di fatto della Lombardia in discontinuità con la Costituzione di fatto dell’intero Paese. Cioè noi dobbiamo porci il problema che, già dal punto di vista delle sue istituzioni, la Lombardia sta prefigurando un modello non assolutamente in continuità con quello della Costituzione repubblicana.
Io credo di dire una cosa tutt’altro che irrilevante. Se noi non riprendiamo a discutere di come nello Statuto della Regione Lombardia il lavoro torni a essere, non un elemento marginale, che non si cita mai, perché si citano le imprese, le famiglie, il privato sociale, ma ci si limita a rappresentare gli interessi e a dare vita a un rapporto lobbistico e ademocratico con quelle rappresentanze di interessi, si scriverebbe uno Statuto cattivo.
Io vorrei dirvi che andavo a rivedere alcune statistiche sull’attività dell’istituzione lombarda e la Lombardia è la Regione che ha il doppio, rispetto al secondo in ordine di graduatoria, di pendenze e di impugnative rispetto alla Corte Costituzionale: quindi vuol dire che noi stiamo governando da un po’ di tempo per lo meno un po’ troppo per conto nostro e in contrasto con il livello nazionale. Vengo ora ad un problema molto rilevante: dare alla sussidiarietà, come ha provato a fare Corsaro, il carattere quasi fondante del patto sociale non solo è un errore, ma è una autentica deriva politica al carattere pubblico e universale dei diritti sociali che noi contrasteremo con tutte le forze. Continuo a pensare che in Lombardia, se non si affronta da capo la questione dei valori fondanti e dei valori di riferimento del patto sociale, noi faremo uno Statuto o un po’ marginale o non regge alla portata di una gestione lunga. Proprio per queste ragioni io penso che la prima questione che noi dovremo affrontare è che al Consiglio vengano ridate, almeno per le questioni fondanti, tutte quelle prerogative che oggi nei fatti gli sono sottratte. Se ieri noi abbiamo concluso ascoltandoci e cercando di convergere verso un percorso sul Federalismo ancora prima che sui contenuti non è – come dice la stampa – merito di Formigoni: è merito del fatto che il Consiglio è stato investito di questa funzione e se l’è tenuta per sè e non se l’è fatta sottrarre. Voglio ora concentrare poche riflessioni su aspetti che qui non sono stati ripresi o che mi vedono in posizione differente anche rispetto agli interventi di prima. Io credo che noi dobbiamo riflettere ad esempio sulla sostituzione della società e delle sue rappresentanze, che stanno operando quelle che si chiamano le autonomie funzionali.
Non sono mai stato un entusiasta di questa forma di rappresentanza, cioè mi sembra che le autonomie funzionali, così valorizzate dalla Giunta lombarda, sono delle rappresentanze su indicazione, cioè sono delle cooptazioni che non emanano dal basso. La società ha delle caratteristiche di rappresentanza che non sono quelle notarili, che non sono quelle calate dall’alto e quindi bene o male sempre limitate da assetti corporativi. Io posso cioè consultare il rettore, ma non mi sento di fare rappresentare l’università o quel mondo dal rettore del momento.
Con il partenariato noi non siamo assolutamente d’accordo . Noi daremo, come abbiamo fatto ieri sul federalismo, indicazioni precise: entreremo con i piedi nel piatto e vorremmo fare battaglia, facendo riconoscere un pluralismo nell’opposizione.
Guardate che nello Statuto tutti valgono uguale .Credo che abbiamo questa necessità di partire con il piede giusto sul metodo e sugli obiettivi da darci e di avere il coraggio di starci ad ascoltare e di organizzare anche delle posizioni differenti, indipendentemente perfino dalle coalizioni di riferimento.
Voglio dare ancora due indicazioni: sono proprio in totale disaccordo con Adamoli – questo lo sa perché ci incontriamo ai dibattiti – con la sottovalutazione del carattere municipale del federalismo, che noi dobbiamo adottare. Cioè io credo che la sostituzione del centralismo statale con un centralismo regionale sia non solo un vulnus alla idea fondante di uno Stato che parte dai Comuni e dalle autonomie, dove si organizza la rappresentanza, ma sia addirittura un azzardo. Si rischia di dover affidare un ruolo di articolazione del potere statale di volta in volta al colore politico della Giunta che in quel momento governa in Regione,senza tenere conto di un’articolazione ulteriore e di una rappresentanza e autonomia che giunga fino ai Comuni, alle municipalità.
C’è un problema di partecipazione e di democrazia diretta che perfino la Costituzione oggi, quella nazionale, non è in grado di rappresentare a sufficienza. Il bilancio partecipativo ad esempio. Il coinvolgimento dal basso delle forme di rappresentanza e degli interessi che si organizzano sul territorio che sono una novità di questo tempo e non sono una novità che noi possiamo trascurare risolvere semplicemente dicendo “C’è una parte del potere nazionale che viene trasferito a livello regionale”. Oggi a mio giudizio, dobbiamo pensare che anche il federalismo che proviene dal basso, che ha un rapporto con la democrazia diretta, che considera la partecipazione un fatto non episodico, che non avviene soltanto quando si va alle elezioni, ma in corso d’opera, faccia a tutti bene e serva a tutti.
Qui ho un’ultima riflessione, io sono preoccupatissimo del crescente potere sostituivo delle prerogative anche del Consiglio e della Giunta, che hanno le società regionali come Finlombarda, come Infrastrutture S.p.A., a cui ho notato viene affidato nientemeno che, il piano d’area di Arese per ridisegnare il business plan sostituendo il lavoro che spettava a noi, che spettava alle Commissioni. Attraverso le società regionali si progettano gli ospedali, si stabiliscono gli appalti, con un modello di braccio operativo fatto di mancanza di trasparenza.
Ho elencato alcune delle questioni rilevanti su cui vorremmo fortemente essere messi in condizioni di discutere. Per concludere due osservazioni. Anche la forma di governo è conseguente a una scelta di valori e per noi deve valere la difesa fino in fondo del pluralismo sociale. Su questo io non concordo con l’osservazione fatta da Benigni sul presidenzialismo e credo che siamo in una fase in cui dobbiamo approfondire le reciproche posizioni.Io penso ad una forma di governo con caratteristiche spiccatamente assembleari e quindi con un’attenuazione della sua forma presidenziale, non con un suo ulteriore incremento.
Per poter andare in questa direzione ,sono d’accordo sul fatto che dovrebbe sparire il “listino” nella campagna elettorale ed essere allargato invece il numero dei rappresentanti di territorio. Per poter fare un’operazione autentica di confronto democratico il segnale questa volta lo deve dare la maggioranza. La Commissione Statuto è di tale rilievo che l’affidamento della sua presidenza alla minoranza è una cartina di tornasole. Cioè deve esserci la totale disponibilità da parte della maggioranza a accettare che il Consiglio si dia la capacità di comporre le regole a maggioranze qualificate.