Venerdì 27 Marzo, con il collega Domenico Uslenghi e su incarico della Commissione Ambiente del Consiglio Regionale, ho svolto un sopralluogo a Gaggiolo per verificare le lamentele degli abitanti nei confronti dell’enorme deposito di rifiuti inerti che, dal territorio svizzero, sovrasta le loro abitazioni.
Si tratta di 350 mila metri cubi di materiale composito, che tolgono il sole ad una quindicina di abitazioni, depositati in questi anni senza alcun controllo e, a detta degli abitanti che hanno seguito a vista da non più di dieci metri le operazioni di scarico, infarciti di amianto e metalli pesanti. Una storia vergognosa, che conta sul confine burocratico tra gli stati per scaricare danni ambientali fuori dal proprio suolo.
Una infrazione al diritto, come se la natura e gli uomini non fossero soggetti a leggi universali. I residenti ci hanno raccontato le loro storie, le preoccupazioni, il timore di non essere tutelati. La loro è una battaglia iniziata nel 2002, purtroppo nella indifferenza finora della Regione e della Provincia.
Ora si è rotto il silenzio e, dopo una compiuta relazione alla Commussione Ambiente del Consiglio, inoltreremo, con una dura interrogazione rivolta alla Giunta della Lombardia, la richiesta di indagini e di responsabilizzazione dei poteri pubblici che devono garantire la salute dei cittadini.
Vogliamo andare a fondo della questione attraverso anche la richiesta di carotaggi, monitoraggi, tutele, garanzie dovute dall’autorità svizzera ai confinanti. Per lo stato dell’aria, dell’acqua e del suolo chiederemo anche l’intervento dell’ARPA e dell’ASL.
Temo però che ci sia un filo di veleni che lega il deposito di Gaggiolo alla cava abusiva FEMAR di Viggiù, dove in questi giorni la Guardia di Finanza ha sequestrato materiale nocivo, tra cui eternit e arsenico, depositato nel corso di anni da camion provenienti dalla Svizzera e ora, pare, di fronte ai sigilli, dirottati in cave del comasco (Faloppio?).
Dall’indagine sta emergendo un inquietante traffico illegale che, presumibilmente, andava avanti da alcuni anni, con l’obiettivo di risparmiare sulle costose procedure di smaltimento.
A Viggiù, come sembrerebbe a Gaggiolo, sotto terra e ghiaia sono tuttora presenti amianto crisatilo, arsenico, nichel, tutti in percentuali eccedenti i limiti previsti. Ma anche eternit e catrame.
E da una ricognizione aerea è emerso il formarsi di acque e ruscelli che entrano nel terreno, che richiederebbero alla Regione una costosa bonifica della zona. Per capire il volume di affari, basta fare di conto.
L’impresa, negli ultimi 8 anni, ha importato 133mila metri cubi di materiale sospetto. Si tratterebbe, se confermata, di una quantità enorme, con 2.500 viaggi, e tale da riempire 20 campi di calcio. Un affare enorme, calcolato sulla base di, si dice, 500 euro a viaggio in almeno 1.250.000 euro.
Talvolta sembra impossibile e lontanissimo dalla storia della Lombardia quanto avvenuto coi rifiuti a Napoli: eppure, dopo che si è riconosciuto che i camion delle discariche napoletane partivano dalla Lombardia, qui, a pochi passi da casa, con camion che partono dalla Svizzera, stava e sta succedendo qualcosa di molto simile e di altrettanto criminoso…..
giuliana andreoli
Nel suo articolo parla di un collegamento tra la cava Femar e Gaggiolo.
In articoli che ho letto ho trovato questo materiale che ho riassunto.
Collega Viggiù con altre due discariche all’interno della Valle della Bevera.
Il triangolo dei rifiuti tossici
La Femar si inserisce in un triangolo di rifiuti tossici che ha come cuore una delle aree verdi più importante dell’intero Varesotto: la Valle della Bevera, zona un tempo incontaminata, dove ancora oggi sorgono attività agricole, bacini di pesca sportiva, agriturismi e che fornisce circa il 60% dell’acqua potabile a Varese.
Qui, lontano dagli occhi dei cittadini, lungo strada sterrate frequentate solo dai camion che movimentano materiali si sarebbe consumato per anni, stando alle risultanze investigative acquisite finora dalla Procura di Varese, il “mercato clandestino” dei rifiuti speciali che venivano gettati indiscriminatamente nei tre siti finiti nel mirino di finanzieri e magistrati.
Con le conseguenze sull’ecosistema e la salute ancora da valutare e un preventivo approssimativo di svariati milioni di euro per le operazioni di bonifica.
Negli ultimi tre anni a poche centinaia di metri l’una dall’altra. si sono effettuati altri due sequestri analoghi a Cantello e Arcisate
-Nell’ottobre del 2006,nei terreni del deposito di un’azienda di trasporti di viale Varese a Cantello, l’inchiesta del Sostituto Procuratore di Varese, Tiziano Masini, porta alla luce 12mila metri cubi di catrame liquido, eternit e amianto. Sostanze pericolose stoccate sotto terra e riportate alla luce solo con l’aiuto di ruspe ed escavatori. Con il sospetto, manifestato dagli inquirenti, che il materiale nocivo potesse provenire dalla Svizzera.
-Passano pochi mesi e nel mirino finisce l’ex Cava Rainer di via Boccherini ad Arcisate. Su ordine del pubblico ministero Raffaella Zappatini viene sigillata. Perché secondo le accuse, due aree da 15mila e 10 mila metri quadrati, all’interno del sito, erano state riempite con materiale derivante da demolizioni edilizie e scavi: rifiuti classificati come speciali e provenienti da tutta Italia.
-A settembre dello scorso anno prende piede l’indagine sulla Cava Femar di Viggiù.