Le ambizioni nazionali del modello Formigoni
Il governo Formigoni della Regione Lombardia potrebbe diventare il paradigma per un’ulteriore sterzata liberista di quello nazionale. Se la formazione della giunta è stata difficoltosa e se tuttora esistono conflitti di potere tra Forza Italia e Lega, il suo programma, simbolicamente rappresentato dalle tre parole sussidiarietà, partenariato, libertà di scelta, potrebbe diventare l’asse portante di una futura politica economica e sociale del Paese.
Il termine chiave è sussidiarietà, che per il welfare state significa un orizzonte istituzionale diverso da quello prefigurato dalla nostra Costituzione. La sussidiarietà diventa lo strumento giuridico per deresponsabilizzare il Pubblico come soggetto a cui la collettività dovrebbe assegnare, attraverso l’imposizione fiscale, il compito di garantire per via politica l’universalità dei diritti, evitando l’intermediazione del mercato. Infatti, nel programma di Formigoni, la dizione sussidiarietà è declinata in “solidarietà e responsabilità”, non come cessione di potere verso quelle istituzioni pubbliche che più e meglio di altre possono affrontare i problemi, ma come appello allo spirito individuale, diversamente declinato e rappresentato, che promuove la solidarietà.
Il partenariato, tanto declamato a destra come a sinistra, assume qui contorni e profili inediti. Da accordo sulle politiche, a strumento istituzionale in ragione della modifica sostanziale delle competenze delle istituzioni pubbliche, in primis del Consiglio regionale. In questo senso il partenariato rappresenterebbe l’icona del fallimento della politica rappresentativa e delle sue istituzioni.
Questo progetto trova la sua più alta rappresentazione nel capitolo del programma della Giunta lombarda dedicato al welfare state e alla competitività. Per lo stato sociale, ecco la sequenza logica della parabola formigoniana di smantellamento del pubblico: stato sociale, stato sociale leggero e dinamico, stato sociale pubblico-privato, stato sociale privato-pubblico, stato sociale della responsabilità, cioè una società interamente piegata verso la “solidarietà” individuale o al massimo mutualistica, tanto da immaginare, con il disegno di legge sulla sussidiarietà, un sistema fiscale in cui il cittadino è padrone delle tasse.
La sussidiarietà si applica anche per la competitività. Il ruolo pubblico si riduce a quello di accompagnare la transizione di tutto il sistema economico. Sostanzialmente, il pubblico rinuncia al suo ruolo storico di intermediazione degli interessi particolari e di scelta degli indirizzi e degli orizzonti su cui piegare l’iniziativa economico-finanziaria del soggetto privato. È il sistema economico nel suo complesso a determinare i beni e i servizi da produrre per il mercato. Il pubblico può al massimo rimuovere i vincoli di natura tecnica che impediscono il dispiegarsi della concorrenza. Sostanzialmente, la sussidiarietà diventa lo strumento giuridico per consegnare soltanto al meccanismo della domanda e dell’offerta il ruolo di intermediazione del cosa, come e per chi produrre.
L’effetto principale della politica della Giunta Formigoni non è tanto e solo la privatizzazione, ma la parificazione giuridica tra privato e pubblico, con conseguenze pericolose nella erogazione dei beni di diritto (i beni comuni spariscono!) e sulla finanza pubblica regionale, già provata dal debito pregresso della Lombardia, che cresce a dismisura in ragione delle politiche pubbliche adottate. L’esito di questa politica è addirittura l’equiparazione tra pubblico e privato nel campo dell’erogazione dei cosiddetti servizi universalistici. Da un lato la pubblica amministrazione eroga aiuti ai soggetti della cosiddetta sussidiarietà; dall’altro, la macchina pubblica si priva di risorse che potrebbero alimentare la propria struttura e, per questa via, comprime le proprie attività a favore del non profit che, al contrario del pubblico, non è soggetto ai vincoli del Patto di stabilità.
Sostanzialmente il modello lombardo si prefigura come un progetto politico a tutto tondo in cui il privato, diversamente rappresentato, assume lo stesso spessore giuridico della pubblica amministrazione. Un esito che sarebbe disastroso soprattutto se la Lombardia diventasse, nel balbettio e nel disinteresse delle opposizioni, un paradigma nazionale di fatto a cui guarda quel centro politico costituito da interessi materialissimi che Rossanda vede crescere nella flebilità delle risposte della sinistra sociale.
Mario Agostinelli, Capogruppo – indipendente – PRC Lombardia
Roberto Romano, CGIL Lombardia