di Mario Agostinelli, capogruppo regionale Prc
Informiamo che Giovedì 17 Luglio alle ore 21,00 la Televisione Svizzera su Canale TSI 1 trasmetterà un servizio sullo scandalo Santa Rita a cui il Gruppo regionale PRC ha dato un contributo diretto. Dato il prestigio e l’obiettività della TV svizzera vi consigliamo di sintonizzarvi.
L’avviso di garanzia inviato ieri al presidente del Gruppo San Donato Giuseppe Rotelli e ai direttori del Policlinico San Donato si inscrive nel dilagare di accuse di truffe e danni al sistema sanitario lombardo che hanno avuto il loro punto di massima espressione nello scandalo Santa Rita. Era già da tempo in atto il tentativo di ridimensionare quest’ultimo e di espungerlo dal bilancio della sanità lombarda. Addirittura, la corruzione denunciata in Abruzzo è servita al Presidente Formigoni per ribadire che il sistema da lui realizzato non sarebbe, al contrario di altri, esposto a episodi di malversazione. L’ha immediatamente smentito la Guardia di Finanza di Milano con i 24 nuovi avvisi di garanzia e il sequestro preventivo di due milioni di euro di cui sopra. Così, come noi dicevamo, il re è nudo. Il comportamento criminale registrato nella clinica Santa Rita a danno dei malati non è dovuto, come da oltre un mese si cerca di affermare, all’ingordigia cinica di un primario sfuggito al controllo. E non ce la fanno a convincerci che il caso dei polmoni e delle protesi, gli uni tolti, le altre innestate in base ad una ragioneria da macelleria, sia l’effetto di una patologia rara e deprecabile e non la spia di una fisiologia insita nel modello voluto da Formigoni e perfezionato con un assiduo affinamento, in modo da depotenziare le verifiche e i controlli, creare negli ospedali una struttura aziendale con contabilità industriale attraverso i DRG, consentire l’autocertificazione e l’accreditamento a pioggia degli istituti di cura per favorire la concorrenza del privato al pubblico e il rigonfiamento degli utili. Così la sanità è stata trasformata in un affare.
Eppure il governo nazionale fa sapere che è al modello lombardo che si vuole ispirare per la nuova sanità. Ripristino dei ticket, riduzione dei posti letto pubblici, le mutue sullo sfondo, la riduzione di 7 miliardi di spesa sociale da qui al 2011. Una svolta ad U rispetto alle intenzioni del precedente ministro Livia Turco, una sfida ai sindacati, un definitivo lasciapassare per gli interessi dei privati.
Ma lo scandalo Santa Rita, amplificato ora dalle notifiche al Gruppo San Donato, ha aperto gli occhi di tutti e non si potrà né minimizzare né occultare. Anzi, l’annuncio di un proseguimento di indagini in altre cliniche milanesi private, il coinvolgimento dell’Humanitas e del San Raffaele di Don Verzè, l’emersione di interessi criminali nella costruzione dell’ospedale bergamasco di Piario, le speculazioni degli immobiliaristi nella creazione del polo sanitario a Nord di Milano, le previsioni di ricorso massiccio al project financing, la trasformazione in alberghi di lusso dei beni delle fondazioni ex-Ipab, fanno presagire che finora è emersa solo la punta di un iceberg che l’opposizione ha il dovere di scovare e di far giudicare in tutti i suoi risvolti ai cittadini, ai lavoratori, ai pensionati.
Si capisce allora perché l’assessore Bresciani esponga in Consiglio una versione senza pathos sullo scempio perpetrato, in un ospedale accreditato, alla salute, alla fiducia e all’integrità dei pazienti da un primario riammesso con un incremento di budget alla professione dopo controlli risibili. Si comprende perché Rotelli, il presidente del gruppo ospedaliero San Donato con, guarda caso, 18 ospedali in Lombardia, mentre minimizzava le indagini che ieri lo hanno incastrato, abbia cercato di rilanciare un grande piano per il rinnovo del sistema ospedaliero italiano basato sul project financing e sulla concorrenza tra pubblici e privati. A detta di questo “imprenditore della salute” oggi, con il governo Berlusconi, ci sarebbero finalmente, come nel caso di Formigoni in Lombardia, le condizioni istituzionali per l’affondo. E, infine, diventa chiaro perché il ricambio di Cè, scomodo e autonomo assessore alla sanità della Giunta lombarda, abbia a suo tempo avuto l’immediato consenso di Bossi, già in procinto di trasferirsi a Roma con un manipolo di consiglieri locali.
Una spesa sanitaria in costante aumento (dai 7,5 miliardi di euro nel 1995 agli oltre 15 del 2008) fa gola a tutti; un sistema fondato sui DRG, per cui l’ospedale non viene rimborsato sulla base delle proposte e dei risultati di salute ma sul tipo di prestazione erogata (motivo per cui in Lombardia sono aumentati esponenzialmente, per esempio, interventi molto remunerativi, quali il parto cesareo o il tunnel carpale), spinge i proprietari privati, come al Santa Rita, ad aumentare cinicamente fuori misura l’esecuzione delle prestazioni ospedaliere più vantaggiose per i loro profitti.
Non vi sono più dubbi sull’urgenza di mettere in discussione questo modo di “fare sanità”, dato che non è solo il frutto avvelenato di comportamenti scellerati, ma è il prodotto della trasformazione del diritto alla salute in una competizione sul mercato per accaparrarsi le risorse pubbliche che sono destinate alla cura della malattia.
L’opinione pubblica ha capito che non basteranno le litanie formigoniane sull’eccellenza a esorcizzare un giudizio inappellabile sulla rincorsa al profitto a danno dei pazienti. Bisogna andare alle radici del male, che ha origine sia da normative regionali (la legge 31 del 97) sia nazionali (il decreto De Lorenzo del 1992) e cominciare a proporre dalla Lombardia una serie di progetti di legge che smantellino i pilastri di un sistema da modificare qui, ancor prima che venga proposto dal Governo di destra per tutto il Paese.
Anche a partire dall’indagine predisposta da Rifondazione Comunista su un campione regionale di case di cura e di ospedali, avanzeremo proposte concrete, relative agli aspetti strutturali del sistema, che ne consentano una ripubblicizzazione e quindi una trasformazione.
Sono almeno quattro i punti su cui fare proposte alternative: una programmazione sanitaria pubblica e partecipata (da cittadini ed enti locali), fondata sulla conoscenza epidemiologica dalla quale rilevare i reali bisogni dei cittadini; la modificazione sostanziale del sistema di finanziamento a prestazione (DRG, che paga la malattia) con un sistema basato su budget (che paga la salute); la revisione delle modalità di accreditamento che, su base dei risultati di buona salute, introduca dei limiti alle prestazioni erogate dai soggetti privati e le riduca progressivamente; la realizzazione delle “case della salute”, cioè di luoghi pubblici territoriali principalmente di erogazione delle cure primarie e di partecipazione dei cittadini.
Su queste materie stiamo predisponendo progetti di leggi specifici sui quali costruire una campagna regionale a livello istituzionale, politico e sociale. Ci occorre il sostegno di lotte e di rivendicazioni a partire dai territori e dagli stessi operatori sanitari.
Milano, 14 luglio 2008
carla
sulla sanità sono assolutamente d’accordo e da molto tempo… sono spaventata che troppo poco facendo per scoprire le carte di formigoni alla fine, ci ritroveremo con il ” modello lombardo” in tutta italia. faccio il medico, psichiatra e lavoro da troppi anni per non capire cosa significa avere un ” governatore” che costruisce il suo consenso sulla sanità ( distruggendo quello pubblica alimentando quella privata) ed un governo centrale che riduce la sanità ad una voce economica: non abbiamo un ministero….. forse dovremmo svegliarci. Per ora grazie