(Seduta del 28/07/2006
ODG n. 505, in data 27 luglio 2006, a firma dei Consiglieri Agostinelli, Squassina Osvaldo e Muhlbauer, concernente la destinazione dei canoni derivanti dalle concessioni d’uso dell’acqua, relativo al progetto di legge n. 120).
AGOSTINELLI Mario
Noi vorremmo ricordare che la gestione e l’erogazione del servizio idrico integrato, proprio perché non hanno prettamente implicazioni soltanto di tipo economico, comportano ricadute sociali e ambientali di prima grandezza. Evitare in ogni modo una mercificazione e quindi una caduta di qualità dell’acqua è compito primario degli amministratori. Voi sapete che la parola nuova che circola è quella di “bene comune”, cioè di un bene che non appartiene certo a questa generazione e che dal punto di vista della legislazione attuale non ha nemmeno un inquadramento preciso. Mi auguro che si possa lavorare fino a far riconoscere anche in Lombardia che l’acqua è un bene comune, con tutte le prerogative dal punto di vista della sua tutela che ne conseguono.
La gestione del servizio idrico comporta innanzitutto il rispetto di parametri di qualità che sono oggi imprecisati e che di nuovo rimandano purtroppo soltanto a valutazioni e a indici di misura che sono sempre all’interno della constatazione economica dei loro effetti. Nel secolo scorso la sfida degli amministratori, della politica, è stata in gran parte anche quella di portare l’acqua potabile nelle case dei cittadini. L’acqua nelle case dei cittadini è oggi sostituita di frequente da bottiglie che vengono stampate e trasportate e che quindi, per il contenuto energetico intrinseco sono per il 42% fatte di gasolio (si acquista l’Evian qui, si vende la San Pellegrino in Francia e in America per ragioni puramente economiche). Dal punto di vista energetico e della tutela dell’acqua questo uso dell’ acqua minerale è un disastro.
Questo perché i nostri rubinetti funzionano male, si apre spesso acqua non di contenuto, dal punto di vista qualitativo né sufficiente né tutelato dagli amministratori che ne sono responsabili. E’ possibile una tutela e un controllo solo se gli amministratori prima di tutto si sentono eletti per difendere quel bene comune e non tanto azionisti di una società, come purtroppo a volte capita. Occorre prendere delle misure, dando anche ai cittadini, e quindi agli utenti finali, una funzione partecipativa. Il tema dell’acqua è anche un tema di ruolo e di coinvolgimento degli utenti, di cui purtroppo nella legge in discussione non c’è accenno e che ci piacerebbe che invece fosse introdotto.
Abbiamo trovato anche dove collocare questo diritto di partecipazione: le organizzazioni degli utenti, ad esempio, dovrebbero avere un ruolo centrale nell’assegnazione dei progetti fatti per la solidarietà verso i paesi del Terzo Mondo sul piano del diritto all’ acqua potabile. C’è stata invece una variante alla formulazione raggiunta in Commissione, non so bene da chi apportata, perché nei comitati, invece, di personalità di rilievo che governino e partecipino ai processi di cooperazione, entrano dei cosiddetti “esperti idraulici”, in sostanza degli “idraulici” ! La cosa mi sembra davvero un po’ bizzarra, no? Non vorrei paradossalmente trovarmi in quel Comitato, magari designato dal Consiglio, ed essere costretto a discutere con un idraulico, che dal punto di vista tecnico è superiore ma dal punto di vista della destinazione e della scelta politica dei progetti è assolutamente inadeguato.
Ecco per questa ragione – e concludo – noi pensiamo che il raggiungimento degli obiettivi di qualità individuati dalla Regione nel piano di gestione del bacino idrografico, anche relativamente ai corpi idrici dei bacini interessati alle concessioni, debbano comparire in una maniera vincolante nel PDL 120