Ho assistito ieri sera al dibattito della Gruber su Otto e Mezzo. Le parole usate sull’esito del referendum erano solo: “irrazionale, antistorico, devastante”. Io mi sono augurato che la Brexit fosse sconfitta, ma, quando scendo ad un livello che abbia un minimo senso democratico mi chiedo: quale è stato il contesto di partecipazione a cui i milioni di votanti della gran Bretagna sono stati chiamati? E cosa succederebbe negli altri paesi se i popoli si dovessero esprimere? I loro governi – che hanno tutto il potere alla faccia del Parlamento europeo – in che cosa si distinguono dal comportamento liberista della Commissione europea? Cosa hanno da dire Cameron, Hollande e Renzi sull’immigrazione, la disoccupazione, l’attacco al lavoro e al welfare, il deterioramento climatico in dissenso o in rottura con le politiche reali di Bruxelles? Perché stupirsi se gli anziani e i più poveri tra gli Inglesi hanno votato “leave”? Abbiamo forse la presunzione tipica delle élite per cui il popolo governato non capisce e, quindi, non conta? Ma come mai, mentre scorrono i dati da Londra alla Scozia, al Galles, non ci fanno mai vedere in tutti questi giorni gli scioperi e le manifestazioni francesi, o le tensioni greche o la corruzione che dilaga in Spagna o le code alle mense Charitas o gli spaventosi ghetti dove marciscono i profughi?
Io penso che ovunque stia esplodendo un problema insormontabile: non si può governare alla velocità dei computer e delle comunicazioni preconfezionate dei media e poi stupirsi che uomini e donne vogliano riprendersi tutto il tempo per ripensare, ridiscutere, progettare il loro futuro, entrare nel merito di quella democrazia che è stata loro sottratta alla velocità della luce. Chi governa, non passa più dalle istituzioni parlamentari, dalle assemblee consiliari, dal coinvolgimento di partiti, sindacati, associazioni, ma si limita ad incontrarsi con l’assistenza dei media compiacenti nelle sedi più esclusive e meno trasparenti e concentra il confronto e la dialettica politica e sociale in una ristretta lobby autoreferenziale che al massimo riduce le risorse democratiche ad un SI o un NO.
Anche quello che sta succedendo alla nostra Costituzione va inquadrato in un processo generale di marginalizzazione della sovranità popolare: lo stesso che sta avvenendo in quella Europa che la mia generazione ha sognato come proiezione federalista delle Costituzioni di democrazia sociale e di pace nate dopo l’ultima guerra contro il fascismo. Come Cameron, anche Renzi non deve giocare contrapponendo solo slogan tardivi e banali a valori consolidati nelle lotte e nelle speranze di generazioni.