MARIO AGOSTINELLI, CREMONAè 27/10/07
1. Incertezza, precarietè, mutevolezza, presente senza futuro: scenari buoni per la destra.Forse dobbiamo chiederci se ci siano motivazioni più profonde di quanto appare in superficie, che pretendono la rapidità con cui muta lo scenario politico dentro cui ragioniamo e che provocano spiazzamenti continui. Stiamo sempre sul filo del rasoio, tra delusioni e speranze, precari nella valutazione di fatti continuamente e inevitabilmente rimossi il giorno seguente da un nuovo accadimento che cancella il precedente, incapaci di una narrazione propria dotata di continuità e, quindi, subalterni alle fascinazioni mediatiche che impongono la loro agenda e agiscono sull’emotività oltre misura. In questa continua mancanza di approdi stabili e di riferimenti ad una prospettiva certa per il futuro, attraversiamo una infinita transizione e ci ritroviamo continuamente un po’ più a destra, frammentati nella rappresentanza sociale, disposti a mosaico con tante identità fissate su un passato certamente più glorioso del presente, eppure inadeguato a incidere nella lotta in corso.
In questo contesto mutevole, dinamizzato dalla globalizzazione e drammatizzato anche per ragioni soggettive, si insedia il binomio Partito Democratico – Veltroni,è certamente padrone del contesto sociologico e mediatico in cui nasce, ma avulso da qualsiasi progetto di trasformazione e, perciò, adattivo e puramente governista. Con la speranza che tutto cambi per non cambiare niente, se non la composizione di un apparato politico che finalmente entra, con il permesso di una classe dirigente che si rinnova per eredità , nella stanza dei bottoni. Conviene quindi soffermarsi analiticamente sui tempi brevi della politica ufficiale, sull’effimero della rappresentazione delle emozioni anziché dei bisogni sociali, sulla mutevolezza delle alleanze in uno schema bipolare che dovrebbe invece irrigidirle, sulla superficialità di analisi del mondo del lavoro, al massimo evocato – dal lato del consumo – per l’insufficiente potere di acquisto anziché per lo scarso valore sociale riconosciutogli. E capire che questa labilità , questa rinuncia ad una strategia dai punti fermi e dai tempi lunghi , questa arrendevolezza alla paura, sono il sintomo dell’onda lunga della destra e l’evidenza di una crisi di identità di una sinistra inattuale.
La nascita del PD soffre di questa colpevole adattività . Come osserva Paolo Ciofi, la stessa precarietà che Veltroni dichiara di voler combattere, si manifesta non come effetto della frantumazione del lavoro tipica del modo di produzione capitalistico del XXI secolo, bensì come un dato di origine incerta, difficile effettivamente da spiegare in una società dichiarata a priori “non classista”, se non come distorsione comportamentale dei capitalisti cattivi. Resta il fatto che scompare anche l’ombra di una critica al moderno modo di produzione capitalistico, e tutto si stempera nelle nebbie di un nuovo patto generazionale, vale a dire in un’immagine peraltro non nuova evocata più di un decennio fa dallèavvocato Agnelli, che nasconde la piè piatta e conformistica accettazione del modello esistente. Il contrario di una riflessione attenta sulla condizione reale dellèItalia e sulle moderne societè èavanzateè, che non sono in grado di assicurare, insieme, futuro ai giovani e sicurezza ai vecchi. In buona sostanza, unèennesima edizione della guerra tra poveri, che si vorrebbe coprire con la foglia di fico del ènuovo patto generazionaleè, di una redistribuzione tutta interna ai redditi da lavoro, con uno spostamento verso i giovani della quota oggi assegnata ai vecchi. La grande lotta alla precarietè si ridurrebbe cosè alla ècreazione di un efficace sistema di ammortizzatori socialiè. In questa accezione, si possono anche non mobilitare e non organizzare i lavoratori e pensare al sindacato come una moderata cinghia di trasmissione non per orientare, ma per rendere compatibili le rivendicazioni.
In una societè degli individui privi di qualitè sociale e di legami di classe, in cui il lavoro non è considerato fattore costitutivo della persona e fondamento della Repubblica bensè semplice accessorio dellèimpresa, il sindacato non conosce la confederalitè e il contratto nazionale, viene frantumato nelle corporazioni delle categorie e alla fine declassato a pura e semplice consociazione lobbistica.
In conclusione, il problema di una occupazione precaria, flessibile, instabile e senza potere, non si risolve redistribuendo la povertè allèinterno del lavoro dipendente (a bassi salari in condizioni di precarietè e a bassi tassi di occupazione inevitabilmente corrispondono basse pensioni), ma redistribuendo la ricchezza della nazione a vantaggio del lavoro dipendente medesimo, e spostando verso gli investimenti una quota consistente di profitti e rendite. Poichè il modello distributivo attuale privilegia la finanza, la speculazione e lèimpiego improduttivo del profitto, non ha alcun senso continuare a sostenere, come fanno Veltroni e Rutelli in perfetta sintonia con Montezemolo, che il problema è la crescita e non la redistribuzione della ricchezza, la conservazione della natura e dei beni comuni, la ricostruzione e trasmissione delle basi della vita e della riproduzione. Al contrario, il luogo comune secondo cui se non cèè crescita non cèè niente da distribuire viene rovesciato da una condizione nella quale appare sempre piè evidente che se non si modifica il modello distributivo il Paese decade e non è pensabile lo sviluppo, cioè uno sviluppo qualitativo. In altri termini, non cèè possibilitè di alzare il tasso di occupazione e il livello dei salari, e di conseguenza le pensioni di oggi e di domani, nè di combattere efficacemente la precarietè, al di fuori di una diversa distribuzione della ricchezza, di un progetto di rilancio dellèItalia come nazione su nuove basi economico-sociali e ambientali.
Infine, cèè un ulteriore elemento di instabilitè collegato alla percezione del tempo che hanno le nuove generazioni. Mentre una concezione lineare era associata alla crescita e al progresso- almeno nel mondo occidentale- oggi- ci si chiede èquanti anni mancano alla fineè, se non si cambia o se, semplicemente, si estende produzione e consumo dei ricchi a tutto il pianeta. Il tempo si misura cosè a ritroso , e il trascorrere degli anni è collegato allèesaurimento, al consumo e al degrado della natura e delle sue risorse, mentre la responsabilitè della specie è posta in antitesi alla libertè irresponsabile dellè individuo.
Anche nelle relazioni internazionali la biosfera sopravanza la geopolitica e molto della politica economica e della politica estera comincia a dipendere da vita, clima e sopravvivenza, oltre che da merci, giacimenti fossili e guerre.
Insomma, è il liberismo che domina la riproposizione del passato e che vorrebbe prolungare per pochi il modello capitalistico, senza alcun cambio di paradigma, con restrizione della democrazia, con la messa al bando della multiculturalitè, escludendo e marginalizzando come colpevoli i non consumatori e conquistando i popoli dellèOccidente ad una guerra di civiltè.
Da qui nasce la formidabile azione che i media, con un circuito simultaneo, organizzano per schiacciarci sul presente e distrarre i cittadini dalle scelte per il futuro. Ma èil futuro è nostroè se non ci inchiodiamo al passato!
Proprio perciè non si possono riproporre a sinistra le divisioni immutate, le soluzioni, le ricette e le identitè inconciliabili che provengono dalla durissima lotta sul campo dei secoli scorsi. Anche la rilettura di Marx, ove opportuna e necessaria, va compiuta nello spirito dei suoi scritti: unèinchiesta scientifica sul capitalismo della prima metè dellèOttocento proiettata in una dimensione di liberazione dellèuomo, da verificare e perseguire continuamente con la lotta, a fronte della mutevolezza accertata di un avversario dinamico per natura e mai uguale nel tempo.
Oggi le classi sociali non sono fissate e modificano le loro parti costituite in un flusso continuo in cui la paura di perdere diritti e privilegi di fronte allèignoto della globalizzazione impedisce anche ai piè deboli di superare il mondo spirituale dei conservatori.
In assenza di idee e programmi forti, lèansia di stabilitè dè luogo quindi al partito dellèordineè che, come giè a fine Ottocento, èsalva la societè dai nemici della societè al grido di proprietè, famiglia religione, ordineè (Marx, la guerra civile in Francia, 1871); la rappresentanza del lavoro perde la sua centralitè; valori e obiettivi sfuocano e si confondono.
2. Unaltralombardia da ieri a oggi: di fronte alla crisi dei partiti
Eè la preoccupazione di una mutazione genetica degenerativa del sistema politico che ha dato vita a esperienze come la nostra, autentiche interfacce tra politica e societè in collegamento con territorio e istituzioni locali, con lèossessione di una rappresentanza e partecipazione efficace , prima che dellèaccesso al governo, impotente se si mantiene separato dai movimenti sociali. Unaltralombardia vuole essere unèesperienza popolare, diffusa, tutta dentro una crisi che non risparmia in Lombardia nessuna ereditè del movimento operaio organizzato. Una esperienza che riflette su un liberismo sottovalutato e non sufficientemente contrastato, a cui diamo il nome di èmodello Formigoniè e che agisce in territori strategici, assumendo, ancheè se poco studiato, un rilievo di portata nazionale.
Il ècambiamento dèanimaè dei movimentiè (non una crisi definitiva, ma una mutazione di fase- vedi articolo su èAlternative per il socialismo, Ottobre 2007) e il travaso di energie dai partiti della sinistra alle istituzioni, hanno imposto a Unaltralombardia una riconsiderazione degli obiettivi e una sua riorganizzazione dentro il campo della è sinistra plurale, senza aggettiviè, contigua alla Sinistra Europea, con un legame diretto a livello nazionale con Uniti a Sinistra e una forte cooperazione locale con Socialismo XXI.
A conti fatti, dopo la fase di assestamento post-elezioni, la relazione con il mondo dellèassociazionismo si presenta oggi meno organica che in partenza, mentre fin troppo assorbente è diventato il legame con la sola istituzione Regione.è Piè forte invece risulta la componente di coinvolgimento con le rivendicazioni territoriali e piè impegnativo il contributo al processo di ricomposizione della sinistra.
Dopo ormai tre anni dalla nascita il èbisognoè diffuso di Unaltralombardia non solo non viene meno, ma evolve verso la necessitè di occupare un posto stabile nel quadro della Regione piè ricca del Paese. Un ruolo articolato per territori, organizzato, non transitorio, aggregante ben al di lè di storie personali e di scelte elettive legate a esperienze comuni di un recente passato. Si pone cosè oggi il problema della collegialitè e dellèassunzione di un profilo politico per un futuro alla pari e definito da rapporti non episodici con i nodi di una rete che, sia a livello regionale che a livello nazionale, partecipa al rinnovamento della sinistra. In fondo, la sequenza di eventi partecipativi – avvenuti o programmati – di straordinaria pregnanza, seppure qualitativamente non confrontabili – Grillo prima, la consultazioneè dei lavoratori poi, le primarie PD, la manifestazione sicuramente di successo che avverrè il 20 Ottobre – smentiscono lèallontanamento dei cittadini dalla politica e,semmai, ridelimitano lèantipolitica a rifiuto della èpolitica buonaè, consolidando lèintuizione di Unaltralombardia di stimolare un passo avanti della societè piuttosto che un passo indietro dei partiti.
Grillo è il rifiuto di unèagenda impostaè dai media e da questi legittimata come esclusiva; la consultazione con i suoi numeri è, pur nei limiti di una triangolazione siglata da un referendum solo confermativo -è la constatazione di quanto sia necessario un rapporto strategico tra la sinistra e il sindacato confederale; le primarie del PD sono la riprova della possibilitè di rinnovare il proprio radicamento territoriale e della attrattivitè di forme partecipative, ancorchè insufficienti; la manifestazione indetta per il 20 ottobre infine, saprè certamente trarre il suo successo dalla spinta dal basso per lèunitè a sinistra, piè forte e urgente delle pure testimonianze identitarie. Ma, sia lèautonomia dai media, che lèesigenza di una rappresentanza democratica e diretta del lavoro, che il rifiuto di ridurre le primarie ad un esame di ammissione di un ceto che si professionalizza, che, infine, la decisione di mettere in agenda un processo non burocratico alternativo alla costruzioneè del partito della borghesia, coincidono con le prospettive su cui Unaltralombardia ha speso e gioca le sue carte.
Non mettendo insieme solo i NO, ma ristabilendo le condizioni per una cultura propositiva dellèinnovazione , che faccia da punto dèincontro sia di chi subisce emarginazione e impoverimento, sia di chi, occupando funzioni strategiche in un sistema eterodiretto, puè invece contribuire a far nascere una alternativa al sistema dominante, in nome della condivisione di un interesse generale.
In fondo, Unaltralombardia non ha mai considerato societè civile e politica come mondi separati ed ha rifiutato di darsi come suo unico obiettivo quello di aprirsi ad una realtè che non si analizza criticamente nelle sue relazioni e nei suoi conflitti. Le sue maggior risorse rimangono lèinsediamento, lèascolto, la partecipazione e la rappresentanza diretta di bisogni. Con due tratti caratteristici: il sostegno delle rivendicazioni, oltre che attraverso il conflitto sociale, anche per mezzo della democrazia rappresentativa, proprio in una Regione che sembra capace di spegnere nelle istituzioni tutta la vivacitè della sua societè; lèostinata battaglia, anche attraverso la comunicazione e una controinformazione, per una democrazia dal basso, che non si rassegna a quella dissennata ansia di rapiditè di decisioni che spinge a sottovalutare li tempi della democrazia e a consegnarsi a leaders con pieni poteri.
3. La sfida del PD: un partito di massa tra borghesia e lavoro?
Il Pd istituzionalmente non cèè, ma ha occupato pressochè per intero il palcoscenico della politica e ha invaso il sistema dei media ancor prima di costituirsi. Le primarie perè hanno rappresentato una legittimazione e restituito un profilo di massa che vanno ben al di lè del gradimento della figura del leader e che segnalano una aspettativa èprepoliticaè ed un bisogno politico in sintonia con lèopinione pubblica. Al contrario, il dibattito a sinistra e la sperimentazione di una sinistra unita e nuova continuano a languire, evidenziando come lèincubazione del Partito Democratico non generasse di per sè lèaggregazione di una sinistra rinnovata. Eppure lèItalia è spinta verso una crisi democratica e di civiltè ed è, lo vediamo in Lombardia, sulla soglia della sua stessa tenuta come nazione.
Dèaltra parte, nella crisi complessiva della rappresentanza è diventato pienamente visibile anche il problema della debolezza e precarietè di entrambe le èdue sinistreè, quella èriformistaè e quella èradicaleè, divise dal farsi interpreti e rappresentanti o di una borghesia modernizzante che non si riconosce in Berlusconi o di una societè divisa in classi. Oggi siamo ad un approdo nuovo: da una parte due storie antagoniste è quella di PCI e DC è vengono annullate e lèex DS si mescola con il centro nellèintento di dare vita a nuovo partito della borghesia liberale, secondo un disegno orientato al taglio della sinistra èradicaleè. Dallèaltra, una costellazione di partiti e movimenti privi di una rilevante rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici, non riesce ancora a competere sul terreno dellèegemonia e a guadagnare un consenso popolare e una rappresentanza tale da portare nella politica riformata la novitè dei movimenti piè vivi nella societè.
Il PD vorrebbe un bipolarismo della politica nei confini di una sola classe sociale, volto a rendere organico il potere di un capitalismo èsolidaleè, soccorritore, se non proprio compassionevole. Il Corriere della Sera sottolinea la discontinuitè della nuova formazione con le grandi narrazioni dei padri costituenti e le culture del Sessantotto è che sono nel mirino superficiale dei Penati e nella invettiva reiterata dei Formigoni – e, diciamo noi, con la fase della democrazia italiana incardinata sul modello europeo, che nella dualitè lavoro-capitale ha riconosciuto al lavoro non solo la libertè di associazione sindacale, ma anche la dignitè di autonomo soggetto politico.
Per questo progetto non cèè bisogno di socialdemocrazia o di alleanza col centro: siamo qui ormai irreversibilmente vicini al partito americano in solida versione italiana e con profonde radici nellèinterclassismo cattolico.
Eè infatti la rivista Newsweekè che accosta Veltroni èpro businessè alla Merkel e a Sarkozy e che apprezza nel discorso del Lingotto lèidea di fondo che bisogna stimolare le virtè dei ricchi per alleviare le sofferenze dei poveri.
Ma, andando oltre, non bisogna poi dimenticare che oggi il business della cultura e dello spettacolo e il ceto politico dirigente si compattano con le banche, i grandi manager privati e pubblici, gli operatori commerciali e turistici, la rendita immobiliare e finanziaria. Qui cèè tanto lèExpo 2015 di Moratti e Formigoni, quanto lèinnamoramento del PD del Nord per le grandi opere, le fondazioni, le quotazioni in borsa delle municipalizzate.
Naturalmente, nei fatti, il nuovo partito potrebbe camminare su altre gambe e disporsi ad alleanze popolari e ad unèattenzione reale verso il lavoro, lèemergenza climatica, la qualitè della vita. Ma non avverrè, se non lo costringerè una sinistra nuova, che si impossessa della rappresentanza dei bisogni, che non negozia ma estende i diritti fondamentali, che nella trasformazione socialista della societè individua la strada per la liberazione del lavoro e una relazione non distruttiva con la natura.
Perciè, conoscere lo spazio lasciato vuoto dalla nascita del PD corrisponde anche a meglio individuare i soggetti e i conflitti sociali a cui ancorare il compito dellèunitè a sinistra.
Noi abbiamo bisogno di approfondire quale sia lo spazio per una nuova sinistra in Lombardia, la regione piè ricca un tempo per produzioni e lavoro, che perè vede aumentato il divario negativo del suo PIL rispetto allèEuropa negli ultimi 10 anni di 12 punti (Italia -10); crea oltre il 25% di ricchezza per rendita e finanza con bassissimo controllo sociale e ampi margini di illegalitè (Lombardia è la quarta regione italiana per attivitè economiche di riciclaggio criminale); invecchia nella sua popolazione residente; non traduce sul terreno istituzionale la vivacitè dellèassociazionismo; non affronta la solitudine dei lavoratori, pur organizzati in un sindacato in crescita per iscritti ma con sempre meno incidenza nella contrattazione e un poè avverso alle soggettivitè in formazione; accetta che un nuovo assunto su due sia precario; vuole essere europea senza misurarsi con la multiculturalitè e restringendo i suoi spazi culturali; prosciuga le radici socialiste con il miraggio della grande coalizione; rinuncia a competere per specializzazione produttiva; non investe in produzioni socialmente eè ambientalmente desiderabili.
Aspetti negativi su cui il programma del èPD del Nordè sembrerebbe arrendersi, per sposare un modello Formigoni corretto e èspartitoè. E il superamento per cesura e senza basi popolari delle culture di provenienza (PCI e DC) attrarrè ancora di piè verso il business i nuovi gruppi dirigenti, nonostante i risultati delle primarie locali, che, premiando Bindi, Sarfatti e Sinistra per Veltroni, mettono in rilievo una forte connotazione sociale e un atteggiamento unitario verso la sinistra.
4. I compiti di UAL in questa fase: proposte per la sinistra
Partiamo dallèassunto che il disegno èriformisticoè del PD contiene in sè, al di lè delle facili ironie, unèintenzione di ampia portata: assicurare stabilitè al sistema attraverso lèalternanza al governo del Paese di diverse componenti non in conflitto tra loro e non collocate sugli opposti crinali di capitale e lavoro. Ma questo disegno trascura la rappresentanza diè una parte ineliminabile della societè moderna e ne impone il silenzio. In sostanza, in assenza di un autonomo e libero punto di vista del lavoro sul presente e il futuro della societè italiana, appare assai problematico un senso di appartenenza ad una nuova forza politica nazionale. Questa riflessione continua a mancare nella visione di Veltroni e nella sua ricerca di alleanze al centro, ma non puè essere estranea alla formazione di un nuovo soggetto della sinistra, che si deve far carico anche di come evolverè lèUnione. Perciè, senza compiere lèerrore di non partire da una pluralitè di soggetti sociali da riunificare, il problema dellèunitè a sinistra non è lèinvasione del campo che il PD sceglie, ma cambiare campo, costruire un altro campo che recupera il lavoro. In altre parole: cambiare la pratica e i contenuti della politica attraverso il consenso, e uscire dal minoritarismo dimostrativo per guadagnare la maggioranza.
Naturalmente è difficile sostenere che un compito cosè ambizioso e in un contesto segnato dai tratti èaccattivantiè del PD sia praticabile per inclusione e allargamento della sfera culturale e organizzativa della sola RC. Cosè come risulta insufficiente puntare alla federazione dei partiti oggi frammentati in unèarea sostanzialmente contigua ed è irresponsabile subire una imposizione di necessitè come conseguenza della nuova legge elettorale.
Nella crisi dei partiti non è il caso di scoprire ora una improbabile onnipotenza della sinistra, galvanizzata da leaders diversi o da percentuali elettorali a due cifre: meglio aprirsi a rappresentare soggetti che si autoorganizzano con propri punti di vista e che partecipano alla ridefinizione della forma partito secondo un modello di interattivitè, che crea cortocircuiti di democrazia diretta e delegata, relazioni tra movimenti e partiti secondo il modello in sperimentazione con Sinistra Europea. Lèunitè della sinistra è una scelta irrinunciabile di questa fase per riportare la societè alla politica attraverso un inedito soggetto rappresentativo, non solo tramite un cartello elettorale che fotograferebbe la situazione attuale.
Come programma è indispensabile occupare subito il campo del lavoro non genericamente, ma per mettere in discussione questo modo capitalistico di produzione, cosè poco analizzato e mai piè modellizzato dopo i successi ottenuti quando la fase fordista era giè declinante.è Esaminare i suoi effetti sulla natura e sulla sopravvivenza, le sue implicazioni sulla giustizia sociale, lo spreco irresponsabile di materia e energia. E anche la sua ricaduta sulla èsovrastrutturaè, a partire dal costume, dalla costrizione al consumo, dalla irrimediabile marginalizzazione della povertè.
Con queste premesse e con qualche ragionevole semplificazione, ci sembra utile fondare sullèalternativa al liberismo caritatevole e alla centralitè dellèimpresa del èmodello Formigoniè una linea di aggregazione politico programmatica che, articolata per territori, individui soggetti, contenuti, luoghi, strumenti di controinformazione per ricostruire in Lombardia una cultura e una lotta politica non subalterna e non minoritaria, tenuto conto della valenza nazionale e europea di un compito siffatto.
Unèanalisi di partenza è giè stata prodotta nel èlibro biancoè La corsa è finita e nel mensile di Carta sulla nostra regione, analisi che andrebbe diffusa e inverata nelle realtè provinciali. In quanto ai contenuti, è utile focalizzare la nostra attenzione attorno a precariato, immigrazione, innovazione e politica industriale, acqua e energia, consumo del territorio e conservazione della natura. In quanto al metodo, lèapproccioè locale-globale è quello piè produttivo e piè in sintonia con lèobiettivo di riunificare lèazione di sprovincializzazione della politica italiana con una maggiore incisivitè del conflitto sociale diffuso.
Naturalmente, Unaltralombardia èserra i ranghiè dentro un progetto piè ampio da percorrere in modo totalmente aperto e sinergico con altri soggetti – a partire da Socialismo XXI – e autonomamente partecipe dello sforzo che, sia a livello dei partiti che delle rappresentanze istituzionali, converge anche a livello nazionale. Un processo di costruzione dellèunitè plurale della sinistra prevalentemente dal basso e, contemporaneamente, anche dallèalto. Quindi, via ad un patto federativo con doppia tessera e possibilitè di aderireè anche solo alla èsinistra senza aggettiviè (non ècosa rossaè!!), coordinamento e programmi comuni a partire dagli appuntamenti di bilancio per i gruppi che siedono in Parlamento e nei Consigli, avvio nei territori delle ècase della sinistraè dove svolgere attivitè, dibattito, avanzare proposte e far confluire lèorganizzazione del conflitto. UAL deve saper dare un contributo rilevante adè uno schema non dissimile da quello della costruzione della FLM negli anni 70 (anche se va evitata la semplificazione di tradurre meccanicamente in politica un assai meno complesso processo sindacale di rifondazione politico-organizzativa, avendo quello a riferimento un unico soggetto sociale, reso allora ancora piè omogeneo dalla diffusione del modello taylorista di fabbrica).
Gli Stati Generali della Sinistra annunciati per lè8/9 Dicembre a Roma devono vederci non solo partecipi, ma attivamente protagonisti nel riversare lè lèesperienza di questi tre anni e una prima sintesi di proposte maturate in Lombardia. A questo fine occorre stabilire con le reti attive nei territori punti di incontro da sottoporre alle forze politiche della sinistra locale in preparazione dellèappuntamento nazionale.
Quindi una accelerazione di iniziative di questo tipo in tutti i territori, con lèavvio di insediamenti comuni (case della sinistra) e avanzamenti di convergenze in tutte le assemblee elettive. Con urgenza e perfino una necessaria èspregiudicatezzaè.
Giè da oggi stabiliamo entro lèanno un nuovo appuntamento seminariale di approfondimento èlombardoè sul legame tra beni comuni, qualitè del lavoro, innovazione, occupazione, tempo di lavoro/vita, consumo di territorio e natura a cui potremmo chiamare, indicativamente, personalitè come Revelli, Kammerer, Sachs, Rinaldini, Mercalli, Lunghini. Puntiamo entro la primavera ad una convenzione programmatica pubblica che registri la nascita del nuovo soggetto a cui stiamo lavorando.
Lèelezione odierna del Direttivo di UAL composto da 11 compagne/i, la conferma delle funzioni interne e di rappresentanza, lèapprovazione del bilancio, il consolidamento di una riorganizzazione territoriale, lèavvio sostenuto del tesseramento sono aspetti non formali della necessaria ripresa e dellèimpegno che la fase richiede.