Non c’era delegazione sindacale all’estero che non venisse confortata nelle sue visite ad impianti industriali del marchio INNSE, sovraimpresso sulle grandi presse della Zastava a Kragujevec, della Volkwagen a San Bernardo, alla Krupp nella Ruhr, alla Lunakod a San Pietroburgo. Un segno dell’ “eccellenza lombarda” -quella vera- fatta di orgoglio professionale, audacia tecnica, rispetto dell’impresa per il sindacato, garanzia dei diritti conquistati con le lotte.
Altro che l’ “eccellenza” propagandata a piene mani da Formigoni, fondata sull’invasione del privato sul pubblico, sull’irresponsabilità dei nuovi padani, sull’ossessivo confronto non con le regioni di Europa in evoluzione, ma con un Sud devastato e ingiuriato per alimentare la cultura arrogante della Gelmini e dei Maroni approdati a Roma. Un sud che poi penetra da noi con le sue mafie e con impressionanti saldature con l’illegalità locale, senza rivolta nemmeno dell’opinione pubblica.
Questo gioiello dell’industria milanese, che ha tuttora ordini e mercato, è rimasto presidiato da oltre un anno, giorno e notte, da tutte le maestranze, unite tra di loro, ma isolate dalla classe dirigente milanese, dalla stessa cultura una volta ben più attenta, dall’umore di una maggioranza rancorosa che invade i territori fino negli strati popolari. Gli operai della INNSE sono assediati dagli interessi immobiliari coperti dalla Moratti che non ha speso una sola parola per loro e dai liquidatori del territorio che si preparano per l’Expo 2015. Perciò sono diventati uno scandalo per Milano.
Difesi dalle sole forze politiche della sinistra, dai centri sociali e dalla FIOM, segnalavano caparbiamente una potenzialità alternativa del lavoro organizzato, per riportare giustizia e orientare lo sviluppo.
Uno scandalo da rimuovere, ma non a viso aperto, in un pomeriggio della domenica dell’esodo di Agosto, a fabbriche chiuse, come ben sa la destra che ha collocato perfino le stragi in quel limbo temporale.
Una lezione da dare a Consiglio regionale sospeso, dopo la disattenta approvazione all’unanimità di un ordine del giorno a difesa di una classe operaia a cui è stata tolta la voce.
In questa vicenda emerge uno dei nodi dell’attuale regime, con tratti fascisti ormai così marcati da indurci a rimuoverli inconsapevolmente, per non precipitare nello sconforto. C’è la complicità di Maroni -il ministro dell’Interno che introduce il reato di clandestinità- dietro lo sgombero vile e un clima antioperaio che purtroppo invade la magistratura e consiglia al Prefetto di Milano di chiudere la partita con un colpo di mano.
C’è la rivincita dei costruttori, ringalluzziti dall’approvazione del “piano casa” che la Giunta lombarda ha esteso ai centri storici, per il trionfo dell’edilizia privata sullo spazio pubblico.
C’è l’incapacità di Formigoni di occuparsi di riconversione e specializzazione produttiva nella regione che ha tuttora 26 milioni di metri quadrati di aree dismesse senza uno straccio di politica industriale. I suoi interessi elettorali e i suoi legami con il mondo economico vanno infatti in tutt’altra direzione: quella della sanità ospedaliera, dell’edilizia e della scuola privata, dalle grandi opere, come si può dedurre dalla sua inconsistente Finanziaria approvata la settimana scorsa.
E c’è quasi da credergli quando sostiene di aver cercato soluzioni per la INNSE: ma i Rocca o i Tronchetti Provera a cui potrebbe rivolgersi sono assai più interessati a costruire cliniche private o a procurarsi affari immobiliari, che a rischiare in imprese di qualità!
C’è infine la Lega di Bossi che monopolizza il sentire popolare e che non tollera operai organizzati e con una visione generale e solidale, mentre li vuole impauriti dall’ “invasione” extracomunitaria e alleati ai padroncini in una dimensione di privilegio territoriale escludente.
Credo che per la sinistra la partita non debba proprio considerarsi chiusa. Anzi, la situazione deve giocarla a fondo, Essere solidali con la INNSE e realisti nel battersi per la sua ripresa, potrebbe rivelarsi capace di capovolgere i valori che oggi prevalgono in Lombardia e che sono contrastati senza adeguata rappresentanza, ma non con rassegnazione.
A partire da qui tutta la Sinistra potrebbe provare a ricucire un pezzo della propria identità e a mettere un tassello da collegare ai mille altri, non solo per resistere, ma per dare speranza di uscire dalla crisi con la sconfitta di una destra fallimentare che si è impadronita del nostro futuro.
Mario Agostinelli