Chi dice che le guerre future potrebbero essere concentrate sulla contesa per la risorsa acqua ne può ricevere conferma in questi giorni ad Istanbul dove si svolge il quinto World Water Forum. Un enorme spazio espositivo dove i paesi emergenti – Cina Corea e Brasile in particolare, ma anche Turchia – mostrano i muscoli delle loro nuove tecnologie, raccogliendo sotto le insegne nazionali e in stand sontuosi preparati da grandi architetti le loro imprese migliori del comparto idrico, come se mostrassero le loro truppe. Ed oltre l’esposizione, centinaia di sale disposte sulle rive del Bosforo dove si danno convegno esperti di clima, di agricoltura, di energia, di biodiversità, che discutono coi governi e le autorità locali di questo straordinario elemento da cui dipende la vita, la pace e lo sviluppo sociale. E ancora, l’insieme dei movimenti per l’acqua che ha dato vita al Forum Alternativo e che il 19 Marzo ha organizzato nel salone dell’Hotel Marmara l’International Water Day, uno spazio aperto dove le istituzioni sono stati chiamate a sostenere il carattere pubblico e il diritto universale dell’accesso all’acqua.
E’ conflitto aperto, direi preventivo, tra una grande spinta sempre più estesa e convinta a fissare per principio inalienabile, senza sottostare ad interessi privati o di singoli stati, un diritto del pianeta e dell’umanità e le forze economiche delle imprese e di alcuni Paesi che vedono nell’acqua una occasione di dominio.
L’international Day ha avuto grande successo ed ha, tra l’altro, dato l’occasione al Consiglio della Lombardia di portare a conoscenza l’esperienza di ripubblicizzazione del servizio idrico dopo la battaglia per il referendum dei 154 sindaci della nostra regione.
Il bellissimo viso e gli slogan cantati della sudafricana Virginia Setshedi hanno scandito interventi colorati e talvolta improvvisati, in una atmosfera festosa che ha contagiato anche primi ministri e parlamentari in giacca e cravatta. Si sono susseguite le reti africane, Rete Vida dell’America Latina, le reti turche che inglobano quelle curde, quelle arabe, canadesi e asiatiche, gli interventi dei sindacati, quelli degli amministratori comunali.
Direi che chi ha avuto più presa sull’assemblea non sono stati i ministri di Ecuador, Venezuela, Bolivia, che pure hanno parlato di cambiamenti delle loro costituzioni per associare l’acqua al bene comune, ma gli amministratori delle città, in particolare Malaga e Parigi, che hanno descritto le autentiche vittorie popolari, dal basso, delle loro comunità che si sono riprese assieme alla ripubblicizzazione degli acquedotti “il significato della vita e una più consapevole relazione con la natura”.
Nella sessione delle autorità locali al Forum ufficiale si è registrata una profonda divaricazione tra chi parla di diritto e chi invece di sola opportunità, tra chi fissa la priorità sugli aspetti sanitari e igienici e chi sull’energia e la produzione di biocombustibile, tra chi vuole inserire la conservazione dell’acqua negli obiettivi preventivi della futura conferenza di Copenhagen sul clima e chi ne vuole valutare le ricadute solo in termini di disastri naturali da risarcire.
A sera Anil Naidoo, l’indiano che ha coordinato il “People’s Water Forum”, ci ha lasciato con una battuta in riferimento all’intervento della polizia contro i manifestanti ambientalisti turchi Lunedì scorso: “dicono di aver usato l’acqua degli idranti al posto dei lacrimogeni perché l’acqua del Bosforo non costa e con la crisi i costi dei gas sono alle stelle: non sanno che se gli idranti avessero potuto, avrebbero fatto obiezione di coscienza a sostegno dei loro amici e che l’acqua, con il suo ciclo rinnovabile, anche se spruzzata con violenza, alla fine torna al servizio di chi ama la pace. ”